Gente di facili costumi, scritta da Nino Manfredi e Nino Marino, e portata sul palcoscenico del Teatro Dehon di Bologna da Antonio Salines e Francesca Bianco, per la regia di Carlo Emilio Lerici, è la classica commedia che fa facile breccia nel pubblico.
Si tratta, infatti, di quel perfetto connubio tra un ordito, abilmente costruito dallo sceneggiatore, e una recitazione, magistralmente condotta dagli attori, che strappa applausi convinti, risate contagiose e inevitabili consensi. Andato in scena per la prima volta nel 1988, con lo stesso Nino Manfredi nei panni del protagonista, questo testo è considerato, ancora oggi, uno dei copioni più “eclatanti” degli ultimi decenni.
I protagonisti della pièce sono Anna e Ugo. Lei, sul lavoro meglio nota come “Principessa”, è una prostituta che rincasa sempre a notte fonda, incredibilmente disordinata e rumorosa. Dopo una lunga giornata di “marchette” in pensioncine d’infimo ordine, Anna, senza il minimo riguardo per i vicini, si abbandona ad una routine di azioni sempre uguali: aprire e sbattere il portone e la porta, aprire l’acqua e riempire la vasca, accendere un giradischi rotto che suona sempre lo stesso insulso pezzo da balera di quart’ordine. Così facendo, ovviamente, disturba Ugo, inquilino del piano di sotto che, oltretutto, soffre di una grave forma d’insonnia. Il nostro lui è un anziano intellettuale che vivacchia scrivendo per la TV e per il cinema, ma che ambisce realizzare un film d’autore, con cui colpire lo spettatore fustigando la deriva morale della società.
La vicenda prende il via la notte in cui Ugo, stufo dei rumori molesti di Anna, sale al piano di sopra per lamentarsi con la coinquilina e questa, andata completamente in confusione, lascia aperto il rubinetto dell’acqua della vasca, con il conseguente allagamento dell’appartamento di sotto. Ugo, così, afflitto anche da uno sfratto, è costretto a trovare rifugio proprio da “Principessa”. La convivenza “forzata” tra i due dà il via ad uno strano ménage, che genera una serie di esilaranti situazioni, sino al sospirato happy end, cui si approda dopo due ore di grande divertimento.
Il testo, apparentemente leggero, è invece un approfondito studio di caratteri che va a sondare nel profondo vizi e virtù dei protagonisti, ma anche vezzi e mode, in costante evoluzione, di una società che corre veloce e in cui l’apparenza e le convenzioni sociali sono spesso causa di conflitti e disastri, individuali e collettivi. Due dei mestieri più antichi e vituperati della storia dell’umanità, quello della prostituta e dell’intellettuale, vanno a confliggere, ma solo in apparenza. Entrambi sono difatti assolutamente funzionali ad erigere quel solido architrave su cui si fonda ogni consesso civile.
La prostituta, nelle sue varie accezioni, ha da sempre rappresentato quella zona franca, tollerata dalla società, in cui il maschio ha potuto ripararsi per sfuggire alla morale dominante e alle convenzioni sociali e familiari. Divenendo ascoltatrice, confidente, psicologa, oltre che dispensatrice di piaceri, raffinati e proibiti, altrimenti vietati dalla buona moglie, ha sempre svolto un ruolo irrinunciabile. Di contro l’intellettuale, con il suo parlar forbito, a volte incomprensibile, quasi sempre troppo elevato e fuori dagli schemi comuni per poter essere condiviso e fatto proprio dai più, ne rappresenta il suo esatto ma funzionale contraltare: se la prostituta alimenta la sfera carnale dell’uomo, lo scrittore-pensatore ne nutre il pensiero e l’anima.
Sarà forse per questo che, nella storia e in tante rappresentazioni, in teatro come al cinema o in televisione, le due figure hanno finito assai spesso per incontrarsi e fondersi, colmando le rispettive lacune. Anna, sgrammaticata e rozza, ma ricca di buon senso e praticità, aiuterà così Ugo a scendere dal suo dorato, e masochistico, piedistallo, ma, come nei vasi comunicanti, assorbirà anch’essa pillole di saggezza e sapere, poi dispensato con un pastrocchio lessicale che finisce per stravolgerle.
Tra i due l’incomprensione è dunque più di facciata che di sostanza, entrambi amano il contraddittorio, ognuno convinto di avere sempre la risposta giusta al problema del momento, ma solo il connubio tra le due filosofie potrà condurli al superamento della loro appartenenza divenendo un uomo ed una donna, dalle mille sfaccettature certo, ma pienamente integrati nella società contemporanea, come è sempre stato in passato e sempre sarà in futuro.
Siamo in sostanza di fronte ad una favola, un po’ pruriginosa, ma sempre esilarante, che potremmo quasi definire un Pretty Woman alla rovescia, in cui è la prostituta a redimere l’uomo e non viceversa, conclusione forse un po’ femminista, ma indubbiamente condivisibile.
Bravissimi i due interpreti, marito e moglie nella vita, che tengono la scena con toni e battute sempre calzanti e coinvolgenti. Inevitabili gli applausi, caldi e scroscianti, che accompagnano il mieloso finale, che, diciamolo, era scritto dalla prima battuta e non poteva che essere quello!